Gli estratti di curcuma esercitano una significativa attività antiossidante. Sebbene diversi estratti idro e liposolubili si siano dimostrati validi antiossidanti in vari modelli in vivo e in vitro, l’ingrediente più potente è la curcumina. L’attività antiossidante della curcumina è paragonabile a quella di antiossidanti standard quali le vitamine C ed E.
Grazie al suo colore giallo brillante e alle proprietà antiossidanti, la curcumina trova impiego nel burro, nella margarina, nei formaggi e in altri generi alimentari.
I curcuminoidi sono lipidi che limitano il metabolismo dei mutageni ambientali.
Il consumo di tali estratti protratto per 45 giorni, con dosi pari a 20 mg di curcuminoidi, ha dimostrato di ridurre i perossidi lipidici nel siero.
L’attività antinfiammatoria della curcumina è stata messa in evidenza sia nella fase acuta dell’infiammazione e sopratutto in quella cronica.
La curcumina sembrerebbe inibire fortemente il fattore NF-K2 e ridurre la trascrizione di TNF-α, inibendo la conversione dell’acido arachidonico in prostaglandine pro-infiammatorie e riducendo l’attività catalitica della lipossigenasi e della ciclossigenasi.
La curcumina avrebbe pertanto, una duplice azione (azione multi-target) graduale e dose dipendente:
azione sulle ciclossigenasi, via sulla quale agiscono gli antinfiammatori non steroidei.
(I FANS inibiscono sia la cicloossigenasi-2 (COX-2), che gioca un ruolo importante nella formazione di prostaglandine coinvolte nel processo infiammatorio, sia la cicloossigenasi-1 (COX-1) che è, tra l’altro, coinvolta nella sintesi di prostaglandine necessarie alla protezione della parete gastrica. Hanno inoltre azione sulle lipossigenasi, via sulla quale agiscono gli antinfiammatori steroidei).
La curcumina potrebbe essere molto interessante come antinfiammatorio, anche in virtù del fatto che agisce senza irritare le pareti gastriche e intestinali e senza provocare nessun effetto indesiderato. Essa agirebbe anche inibendo il rilascio di enzimi proteolitici quali lisozima. La gradualità dell’azione antinfiammatoria e antidolorifica renderebbe la curcuma particolarmente indicata a trattare il dolore cronico e in particolare le condizioni caratterizzate da forte flogosi (il picco di attività si esprime intorno al 15° giorno dall’inizio dell’assunzione).
I suoi effetti potrebbero essere paragonabili a quelli del fenilbutazone con una tossicità pressoché nulla a differenza dei farmaci. Interessante anche il potenziale utilizzo nello sportivo, che troppo spesso abusa di fans e antidolorifici. La curcuma sembra in grado di ridurre il DOMS senza interferire con i normali processi di riparazione tissutale. Anche l’effetto antirritante della curcumina potrebbe dare un contributo importante alla sua azione antinfiammatoria topica. La curcumina così come la capseicina (un principio attivo simile, piccante) depaupererebbero le terminazioni nervose del neurotrasmettitore del dolore, la sostanza P.
Assunta per via orale, la curcumina mostrerebbe diversi effetti antinfiammatori diretti, tra i quali:
- inibizione della sintesi dei leucotrieni
- inibizione dell’aggregazione piastrinica
- promozione della fibrinolisi
- inibizione della risposta dei neutrofili a vari stimoli coinvolti nella risposta infiammatoria;
- stabilizzazione delle membrane dei lisosomi.
Oltre agli effetti antinfiammatori diretti, la curcumina svolgerebbe anche alcune azioni indirette:
- secrezione dei corticosteroidi surrenalici;
- sensibilizzazione dei recettori del cortisolo
Curcuma longa è impiegata nella medicina ayurvedica come terapia delle slogature e delle infiammazioni, sia per uso interno che topico. La validità di questo impiego è ampiamente confermata non solo da studi sperimentali ma anche da ricerche cliniche.
La curcuma è considerata un pianta classificata come GRAS – Substances Generally Recognized As Safe – per la Food and Drugs Administrations quindi prescrivibile nella maggior parte dei pazienti con assoluta sicurezza.
(1) Sulla base della bibliografia e di studi scientifici